Filosofia e nuovi sentieri

«Mi rappresento il vasto recinto delle scienze come una grande estensione di terreno disseminato di luoghi oscuri e illuminati. Lo scopo delle nostre fatiche deve essere quello di estendere i confini dei luoghi illuminati, oppure di moltiplicare sul terreno i centri di luce. L’un compito è proprio del genio che crea, l’altro della perspicacia che perfeziona» Denis Diderot

Ribellarsi con filosofia

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È il titolo di un recente libro di Matteo Saudino, insegnante nei licei di storia e filosofia, autore di numerose pubblicazioni e ideatore del canale You Tube BarbaSophia. Tutto ciò accompagnato da tante altre iniziative rivolte ai giovani studenti ed anche ad un pubblico più vasto che si interessa del pensiero filosofico senza essere necessariamente esperto in materia.

Presentando la vita ed il pensiero di dieci sapienti, due sono di genere femminile: Ipazia e Olympe de Gouges, pensa che si possa far vedere come questa forma di sapere, inutile a prima vista per risolvere i problemi della vita nella concretezza immediata, possa invece diventare strumento per agire nel mondo al fine di renderlo un luogo più bello e giusto, come si trova scritto nella quarta di copertina. Aristotele afferma che la filosofia non serve a nulla perché è il sapere più nobile; potremmo dire che le spetta di essere servita. Leggiamo nel testo di Saudino: « … la ricerca filosofica è dunque tanto inutile quanto indispensabile, proprio perché è una vitale e gratuita attività del pensiero che fa crescere e trasforma in profondità l’essere umano, rendendolo libero dalle catene dell’ignoranza e, dunque, consapevole di se stesso» (p. 10).

È pur vero che nel medioevo cristiano era definita Ancilla Theologiae, valido aiuto per meglio poter cogliere il messaggio biblico ma anche in questo caso si trattava, e si tratta tuttora, di realizzare pienamente l’umanità.

Il libro di Saudino non si propone di elaborare nuove prospettive filosofiche ma di far capire quelle che possediamo, il riferimento è al pensiero occidentale, e di renderle appetibili.

È una sorta di esortazione alla filosofia con argomentazioni molto concrete legate alla vita dei dieci filosofi che egli ritiene particolarmente significativi e con una prospettiva sul mondo attuale, il loro insegnamento è legato e funzionale in primo luogo al tempo che li vide pensare ed agire ma ha anche un valore perenne capace di dire qualcosa pure a noi nel nostro presente.

Se il pensiero filosofico è una sorta di distillato, purificato dagli umori che potrebbero alterarne l’essenza, questo modo di presentarlo vuole invece valorizzare tutto ciò che gli sta intorno, con ampi tratti narrativi. A volte questi sono particolarmente interessanti e rivelativi, naturalmente c’è sempre il pericolo di cadere nell’aneddotica.  Succede pure, ma non è il caso di questo libro, che descrizioni molto estese portino talvolta a dimenticare il nucleo fondamentale. Più spesso una narrazione bella e accattivante stimola sentimenti ed emozioni verso il pensiero razionale predisponendo l’animo all’apertura, a l’accoglienza e alla generosità.

Per i primissimi filosofi, che chiamiamo Fisici o Naturalisti, le narrazioni occupano una parte molto importante di quel poco che sappiamo di loro, il fantasioso e il leggendario dominano in questi racconti, cionondimeno esprimono una realtà: l’dea che la gente aveva di loro. Ma anche quelli che hanno lasciato molti scritti a volte rivelano certi loro aspetti in questo tipo di narrazioni: in Epicuro felice di morire nel vino (pp. 47-65) nel libro di cui stiamo trattando non ne è indicata l’origine ma questo poco importa; di sicuro ci fa percepire, in modo quasi corporeo, il vivere e anche il morire epicureo meglio di certi termini come aponìa o atarassìa, che comunque al momento giusto dobbiamo saper usare adeguatamente.

L’autore accomuna questi dieci personaggi nel loro atteggiamento ribelle, molto appropriato per alcuni ma un po’ forzato per altri. Tutti i filosofi apportatori di grandi novità li possiamo chiamare ribelli ma è questione d’intendersi, come sul fatto che questi lo siano più di altri; personalmente mi aspettavo Giordano Bruno come il più indomito ribelle. Le due donne lo sono senz’altro, anche solo per il fatto che, da donne, si permettono d’invadere un campo a loro interdetto. Pascal e Spinoza sono certamente ribelli, per niente disposti ad adeguarsi al milieu culturale nel quale vivono. Marx, oltre che ribelle, inteso come chi ha nell’animo un qualcosa che ad un certo punto scoppia, è un rivoluzionario metodico che osserva, teorizza e pianifica. Quanto a Kant bisogna faticare non poco per attribuirgli l’etichetta di ribelle; anche l’autore lo fa notare. Se La religione nei limiti della ragione poteva essere benevolmente accolta da Federico II, con la salita al trono di Federico Guglielmo II la situazione cambiava. Saudino racconta dettagliatamente come potrebbe essere avvenuto il richiamo del sovrano e come Kant abbia cercato con la sua consueta prudenza di difendere le sue idee e al tempo stesso di non mettersi in contrasto con il potere politico, che stava assumendo un carattere reazionario. Come pensatore ha ben presente la verità che scaturisce dal libero ragionamento, ma come suddito ritiene che non sia il caso di sbandierala. Sappiamo comunque come il suo pensiero sia stato rivoluzionario, se il romanticismo incipiente lo traviserà per poi metterlo da parte, sarà ripreso in successivi contesti ed è comunque imprescindibile per chiunque voglia accostarsi alla filosofia.

In fondo il prendere le cose con filosofia, che noi a volte usiamo nel senso, sbagliato, di rassegnazione e che Antonio Gramsci nei suoi Quaderni dal carcere, intendeva come atteggiamento equilibrato e razionale di chi lotta in condizioni precarie per il proprio ideale, ha qualche analogia con il libro che abbiamo letto.

Matteo Saudino, RIBELLARSI CON FILFOSOFIA. Scopri con i grandi filosofi il coraggio di pensare, Prima edizione Varia Best, TEA, Milano 2024.

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